Il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino chiarisce: “non siamo stati noi ad inviare alla giornalista Ansa le foto delle bare dal molo Favaloro”

È  quanto ci ha spiegato ai nostri microfoni il sindaco di Lampedusa e Linosa Filippo Mannino. È di qualche giorno fa un nostro articolo dove abbiamo spiegato che probabilmente, le foto scattate dal molo Favaloro alle bare degli 11 morti giunti a bordo di una motovedetta, sarebbero probabilmente state inviate proprio dal sindaco e dal presidente del consiglio comunale. 

I nostri dubbi erano nati da alcuni filmati che il giornalista Tony Colapinto aveva fatto alla scena dell’arrivo delle salme; proprio in quelle immagini si vedeva il sindaco davanti alle bare e il presidente del consiglio che lo riprendeva con il cellulare. 

Il sindaco Filippo Mannino ci ha voluto, giustamente, spiegare che ad inviare fotografie a testate giornalistiche e più precisamente a un sito agrigentino e poi successivamente uscite anche sull’Ansa non era opera sua né del presidente del consiglio comunale specificando, inoltre, che sul molo vi erano altre figure e quindi altre persone, che scattavano foto e che sicuramente “loro” avranno mandato le foto. 

Ora quello che ci rimane da poter dire è che in effetti a noi sembrava molto strano che Filippo Mannino e Giacomo Mercurio, avessero potuto fare una cosa così discutibile dal momento che da anni anche loro, sono sempre stati contrari alla distribuzione e alla pubblicazione di fotografie che ritraggono morti a Lampedusa, non per nascondere la realtà ma per il rispetto di quelle persone che hanno perso la vita. 

Fotografie che non rispetterebbero le persone decedute e che potrebbero creare problemi addirittura di immagine e all’economia turistica delle nostre isole. Ora, dal momento che non sarebbero stati loro a mandare le foto scattate dal molo Favarolo alle 11 bare è chiaro che c’è stato qualcuno o più di qualcuno che ha deciso di “commerciare” fotografie scattate in un luogo, il molo Favaloro, dove nessun giornalista può metterci piede. 

Ma chi del dispositivo predisposto dalla Prefettura e dalla Questura di Agrigento dovrebbe controllare che nessuno svolga attività giornalistica o pseudo tale per conto di testate e agenzie di stampa sul molo Favaloro? 

Ecco questa è la domanda che ci stiamo ponendo dal momento che, non possiamo non credere alle parole che ci ha riferito il primo cittadino Filippo Mannino. 

Ma andiamo oltre, perché nella stessa giornata dell’arrivo degli 11 morti proprio il sindaco Mannino davanti all’edificio dell’Area Marina Protetta ci aveva invitato a non fotografare le bare all’interno della sala  in quanto sarebbe stato uno scatto non rispettoso dei morti e anche dei lampedusani, per quanto già scritto prima. 

Noi ovviamente, abbiamo seguito l’invito e l’indicazione del sindaco e addirittura ci siamo poi allontanati nel rispetto dei morti, nel rispetto del lavoro delle autorità preposte ad eseguire le ispezioni cadaveriche, e nel rispetto anche dello stesso sindaco che ci aveva pregato di non fare quegli scatti. 

Siamo rimasti ovviamente trasecolati (ma anche Filippo Mannino con noi) quando poi a distanza di qualche giorno, troviamo su un quotidiano campano una foto in prima pagina delle bare all’interno dell’Area Marina Protetta e due suore fotografate di spalle che pregavano. 

È chiaro a questo punto che evidentemente c’è, esiste, un “mercato parallelo” a quello regolarmente e legittimamente esistente di cui si occupano i giornalisti e che vede una distribuzione di foto e video di “contrabbando”. 

Si tratta, ovviamente, di un contrabbando subdolo perché è praticato certamente non da giornalisti ma da persone che evidentemente possono entrare sia sul molo Favaloro che è un’area militare, che in tutte quelle strutture dove ci sono migranti vivi o morti. 

Noi non sappiamo chi sono, possiamo solo immaginarlo esattamente come state facendo voi che leggete questo articolo. 

Verrebbe da chiedersi, come mai ai giornalisti che solo per arrampicarsi su un tetto adiacente al Molo Favaloro per garantire l’informazione ai cittadini, l’apparato dello stato quasi ogni volta, redarguisce i professionisti dell’informazione, e poi proprio nello stesso apparato dell’accoglienza ci sono persone che “passano” abusivamente foto solo alle testate “amiche” dell’apparato, a volte le stesse alla quale vengono forniti i dati degli sbarchi giornalieri. 

Sono ormai troppo lontani i tempi in cui (appena un anno fa) l’ex questore di Agrigento Emanuele Ricifari, è riuscito a mantenere un ottimo dialogo con tutta la stampa, e invece adesso si favorisce solo una/due testate (casualmente dove lavora la stessa giornalista). 

Il signor Prefetto Filippo Romano e il signor Questore di Agrigento Palumbo ma anche i Carabinieri, la Guardia di Finanza, gli uomini della Polizia di Stato, possibile che non si siano accorti di nulla, né durante, né dopo l’evento, né dopo la pubblicazione delle foto? A chi sono servite quelle foto? Chi le ha commissionate? Chi le ha inviate? Per quale motivo?

Possibile che nessuno abbia chiesto riscontro per capire gli abusi, le storpiature e la scorrettezza istituzionale che portano a un “contrabbando” di foto e video che riguardano la narrazione del fenomeno della immigrazione a Lampedusa, di migranti morti o vivi in cambio non si sa di cosa, soldi o articoli benevoli? Chissà. 

Fare informazione è diventato veramente difficile e riuscire a lavorare onestamente e degnamente è diventato un problema serio perché basta veramente poco oggi grazie ai dispositivi che abbiamo, per sostituirsi e diventare reporter, documentando di nascosto, grazie magari a una divisa e per divisa non si intende solo quella che indossano le forze dell’ordine, ma tutte le divise che a Lampedusa sono davvero tante. 

Ma soprattutto, se l’Ansa e tutti gli altri giornalisti, devono garantire una sana informazione (oltre che verificata con tanto di marchio “di garanzia”), come mai quel giorno, la stampa non si è chiesta e non ha chiesto conto sulle storpiature di quella giornata?

Quali sono le storpiature di quella giornata non riusciranno mai ad evidenziarlo chi aspetta un comunicato stampa e materiale foto/video, comodamente seduto alla scrivania della propria redazione piuttosto che documentare personalmente quanto accaduto. Per esempio: come mai 11 cadaveri in putrefazione recuperati nelle acque libiche sono state portate a Lampedusa il giorno delle elezioni? Come mai è stato deciso il porto di Lampedusa, pur essendo consapevoli che non ci sono strutture adeguate per le ispezioni cadaveriche e per la custodia delle salme? Come mai non sono state portate direttamente su territori attrezzati (come Porto Empedocle, o la più vicina Pantelleria che ha un ospedale)? Come mai i cadaveri sarebbero dovuti rientrare in porto alle 11 del mattino, poi l’orario è slittato alle 13:30 e infine le motovedette sono rientrate in porto solo pochi minuti prima delle 16:00? Forse per non riempire le prime pagine dei telegiornali all’ora di pranzo a due ore dall’apertura delle urne per le europee?

Un’informazione non compromessa con “l’apparato” in cambio di foto esclusive, avrebbe probabilmente posto queste domande, per garantire una sana e corretta informazione, e c’è da rimaner basiti se tutto questo viene fatto sotto “il logo” dell’Ansa, che è e rimane la più importante agenzia di stampa italiana, della quale i cittadini, gli editori, e i giornalisti hanno piena fiducia. Ma rimane ancora tanto da chiarire.

Intervista al sindaco di Lampedusa Filippo Mannino, sulle foto delle bare dal molo Favaloro